Per gli impiegati del papa il lavoro non era un dovere da compiere, ma un modo offerto a ciascun individuo di risolvere il problema della sopravvivenza.
Insomma si trattava non di rado di una sinecura, cioè di un'occupazione in generale remunerata ma che richiedevano un impegno ridotto o addirittura nessun impegno.
LO STIPENDIO
Alla fine del '700, nel campo delle retribuzioni dei dipendenti pubblici regnava il caos: quasi ogni singolo trattamento era fissato ad personam, con grandi disparità fra il personale che svolgeva le stesse mansioni.
Infatti, in linea di massima, non esisteva un regolare stipendio, che arrivava puntualmente alla fine di ogni mese, come accade oggi. E così i dipendenti pubblici, a causa dell’insufficienza e dell’irregolare pagamento di retribuzioni da parte del governo, vivevano spesso di mance, contributi e regalie ottenuti - talvolta anche estorti - dai privati.
Le retribuzioni, inoltre, quando arrivavano, erano attestate su medie basse.
PROVVEDIMENTI PER LIMITARE IL PROBLEMA DELLA IRREGOLARITA' DEGLI STIPENDI
1800
Anche per limitare questi gravi problemi, il pontefice Pio VII (1800-1823), coadiuvato dal Segretario di stato cardinale Ercole Consalvi, emanò la Bolla Post diuturnas del 30 ottobre 1800, con cui si voleva arrivare ad un riordinamento dello Stato pontificio.
Nel settore dell'impiego governativo, alcuni cambiamenti erano stati tentati dai francesi nel 1798, al tempo della breve Prima repubblica romana.
Infatti dopo aver aumentato, solo sulla carta, gli stipendi dei dipendenti pubblici, il nuovo governo aveva proibito severamente ad ogni impiegato o funzionario di esigere alcuna mancia o regalìa.
Tale indirizzo viene quindi ripreso da Pio VII e riproposto nella nuova fase organizzativa del 1800. Nel provvedimento è evidente lo sforzo per limitare irregolarita' ed abusi amministrativi, in quanto si ribadisce il divieto di ricevere questi extra da parte dei dipendenti pubblici, che avrebbero da allora ricevuto un regolare stipendio, compreso lo stesso Tesoriere generale.
Inoltre, non di rado, i funzionari dell' amministrazione pontificia, fino ai più alti gradi, si trovavano coinvolti negli affari di appaltatori ed affittuari, legati da interessi contrastanti con quelli delle finanze pontificie.
Con la nuova costituzione venne ripristinata la licitazione pubblica nei contratti e si proibì ai funzionari, pena la privazione dell' impiego, di " ricevere prebende e di agire in qualita' di procuratori o agenti in favore di appaltatori di imposte e Monopoli pubblici, finanzieri e di tutti coloro che potevano risultare direttamente interessati nell'amministrazione affidata alla loro cura.
Questa prima riforma amministrativa di Pio VII non potè concludersi a causa degli avvenimenti politici successivi. Non va dimenticato che in quel periodo guerre, invasioni, disordini causati dalle rivoluzioni incidevano pesantemente sulle finanze pontificie, sempre più dissestate.
1816
Dopo la parentesi del dominio napoleonico, lo stesso papa Pio VII, in seguito al completo recupero alla Santa Sede di tutti i territori della penisola italiana, emanò un altro importante provvedimento per la riorganizzazione della pubblica amministrazione: il motu proprio del 6 luglio 1816.
Così, sempre grazie all' indirizzo politico del cardinal Consalvi, la Restaurazione portò una graduale trasformazione dell'organizzazione dello Stato pontificio con conseguenze anche sulle condizioni retributive dei dipendenti pubblici, che subirono un assestamento, maggiore in alcuni settori rispetto ad altri, anche se non furono eliminate del tutto ingiustizie ed abusi.
Con questo provvedimento, fra l'altro, si ribadiva il diritto dei dipendenti pubblici a conseguire un “conveniente annuo emolumento".
Ciò nonostante non si riuscì a cambiare la situazione in molto dei settori in cui era articolata l'ammistrazione pontificia.
1826
Il pontefice Leone XII(Annibale della Genga, 1823–1829) tornò sulla questione del riordinamento degli uffici dell'amministrazione pontificia e sui tanti problemi non risolti, con la creazione nel 1826 della Congregazione di vigilanza.
Questa avrebbe dovuto indagare sul comportamento del personale statale ed agire con provvedimenti mirati a centralizzare la direzione della burocrazia pontificia e sottoporre a controllo le spese per i dipendenti pubblici.
LE RACCOMANDAZIONI E IL CLIENTELISMO
L’iscrizione nei ruoli dei dipendenti pubblici pontifici non avveniva in seguito ad una scelta tra aspiranti, che erano in possesso di determinati requisiti.
La scelta avveniva a conclusione di una feroce lotta di raccomandazioni, anzi spesso il posto di lavoro costituiva un regalo fatto da potenti personaggi ai loro protetti, talvolta addirittura appena nati o in tenera età.
Un altro sistema sbrigativo per entrare nell'amministrazione era quello di essere assunti de facto dal proprio padre, o altro parente, che occupava una posizione potente nella gerarchia di un ufficio.
Intanto lo si affiancava, poi il riconoscimento de jure della posizione acquisita, da chi era di prepotenza divenuto dipendente governativo, seguiva immancabilmente presto o tardi.
Era comunque necessario per entrare in qualsiasi ufficio pubblico procurarsi la raccomandazione di un personaggio influente, dentro o fuori dell' amministrazione pontificia. Gli uffici di questa amministrazione o erano diretti da ecclesiatici, o da rappresentanti della nobiltà, legati, a loro volta, a famiglie potenti e imparentate fra di loro e con gli alti gradi della gerarchia ecclesiastica.
La burocrazia papale era rigidamente suddivisa in due settori fortemente differenziati:
la minoranza, spesso poco capace, costituita dai dipendenti ecclesiastici, lautamente retribuiti ed installati in tutti i posti direttivi;
la stragrande maggioranza dei secolari, con funzioni subalterne, scarsamente ed irregolarmente pagati, tanto da essere costretti a tutte le disonestà, o almeno ad ogni sorta di accorgimenti per riuscire a mantenere se stessi e i familiari a loro carico, senza speranza alcuna di carriera o di miglioramento economico.
Inoltre nei ruoli dei dipendenti pubblici, si potevano ritrovare nominativi di fanciulli privilegiati, oppure di individui incapaci o anche personale anziano completamente inabile, in servizio da 50, 60 anni nell’amministrazione e mantenuti al loro posto in virtù di alte protezioni o semplicemente per considerazioni pietistiche.
CAOS NELL'ASSEGNAZIONE DEI POSTI
Qui la situazione poteva essere paradossale...
Accadeva anche che persone inesistenti come funzionari godessero stipendi più elevati di quelli di colleghi che da soli mandavano avanti l’ufficio.
Ad alcuni erano assegnati posti già occupati da altri, mentre pubblici dipendenti privi di appoggi non riuscivano, per decenni, mai a conseguire una promozione o un aumento; e succedeva al contrario che elementi giovanissimi arrivassero rapidamente, attraverso abili scorciatoie, ad alti gradi dell’amministrazione statale.
BIBLIOGRAFIA. Lodolini E., Un dicastero per la riforma burocratica nello Stato pontificio. La congregazione di vigilanza sui pubblici impiegati (1826) e il suo archivio, in La scienza e la tecnica della organizzazione nella pubblica amministrazione, IX (1962), pp. 564-588