20 ottobre 2007

Il degrado di Roma al tempo di Martino V(1417-1431)


Piazza del Campidoglio
L'elezione del pontefice Martino V (1417-1431)  mette fine allo Scisma d'Occidente (1378 - 1417), periodo in cui Roma fu abbandonata alla lotta fra le diverse fazioni interne e la corte pontificia trasferita ad Avignone. 

IL RITORNO DEL PAPA A ROMA. Dopo un lungo periodo in cui lo Stato della Chiesa era sfuggito quasi completamente alla sovranità pontificia, il pontefice Martino V si appresta  a tornare  a Roma nel 1420  e vuole portare la città all'antico fasto, visto la stato di degrado e le misere condizioni in cui la città si trovava dal secolo precedente.  
Roma si presenta a Martino V in un grave stato di abbandono, con alti tassi di delinquenza comune, e priva delle infrastrutture fondamentali e necessarie alla convivenza civile.
Il papa vorrebbe iniziare subito una intensa attività di ricostruzione e abbellimento della città, che avrebbe aumentato il prestigio del suo pontificato. Ma , come al solito, mancano i soldi..così 

nel 1423 viene indetto un giubileo per le ricche offerte che questo avrebbe comportato. 
Naturalmente i cambiamenti da lui proposti non erano ben visti, in quanto a Roma erano ancora attivi forti particolarismi e autonomie (oggi si chiamerebbero lobby) legati a gruppi di potere costituiti da potenti famiglie romane. Il papa stesso apparteneva ad una  una delle più antiche e importanti famiglie patrizie di Roma: i Colonna .
NUOVI PROGETTI PER ROMA. Marino V sente,  come prioritario per il potere centrale, la necessità di imporre nuove regole e si dimostra portatore anche di nuove  esigenze,  che riguardano l'urbanistica della città, fino a quel momento ferma al valore della conservazione, imposto negli anni precedenti dall'amministrazione del Comune romano. 

Da ora in poi le nuove parole d'ordine saranno per lui ed i suoi successori: “ornare” e  “abbellire Roma  con piazze e strade più grandi, ma anche con edifici “decorosi” per poter realizzare un grande progetto : quello di ricostruire Roma, in modo che la città potesse essere diventare partecipe del sistema politico italiano ed europeo che si stava creando. Martino V fu il primo papa ad occuparsi di un rilancio di Roma anche in termini monumentali e artistici. Nel frattempo la città aveva iniziato ad essere un polo di attrazione per artisti desiderosi di studiare e confrontarsi con la tradizione classica delle sue rovine.


Roma nel 1493
DEGRADO DI ROMA. Forte della riconquistata posizione centrale del papato, Martino V decide che è giunto il momento di di far sentire a tutti  la sua voce.
Come?  Con l’emanazione nel 1425 della bolla *(vedi nota) pontificia Etsi in cunctarum... con cui denuncia ai suoi contemporanei, senza mezzi termini, il degrado di Roma [..grandem deformitatem seu ruinam potius abhominabilem ... ] **(vedi nota). 
Il degrado era da attribuire, secondo il pontefice, principalmente al disordinato sviluppo urbano di Roma, dove prevalevano gli interessi privati, e  alla grave situazione igienico sanitaria della città, conseguenza dell'attività lavorative di macellai, pescivendoli e conciatori.... 

MAESTRI DI EDIFICI E STRADE. Il pontefice punta il dito anche contro il decadimento del governo comunale,  e sulla latitanza dell'antica e prestigiosa magistratura dei Maestri di edifici e strade. 
Ma chi erano questi Maestri di edifici e strade?  Già attivi nella Roma dal '300, erano ufficiali del governo capitolino, che ormai mal assolvevano ai loro compiti di vigilanza sull' assetto urbano della città. 
Così,  per attuare i suoi obiettivi, il papa  decide di restituire ai Magistri le antiche competenze.
Il loro era infatti un ruolo determinante per la vita di Roma, sia in quanto giudici nelle tante controversie private  in tema di confini, edifici, mura, scoli e deflussi delle acque, che come ispettori sulla viabilità e nettezza urbana. In conseguenza di queste importanti funzioni, i Magistri influivano  anche sulla gestione e controllo dei patrimoni immobiliari.
Roma, il Colosseo nel 1472
I Maestri però, per le vicende che avevano caratterizzato il periodo turbolento, in cui i papi risiedevano ad  ad Avignone,  non si erano dimostrati affatto imparziali, legandosi agli interessi della potente aristocrazia municipale romana(vedi nota).
La situazione subisce quindi un radicale cambiamento a partire da Martino V, il rifondatore dello Stato pontificio.
Dalle parole si passa ai fatti, così Martino V decide di emanare un atto ufficiale [la bolla : Reintegratio antiqui Officii et jurisdictionis Magistrorum viarum urbis eiusque districtus] con cui ribadisce alcune facoltà e poteri, già attribuiti ai Maestri delle strade. 
Non solo, procede senza indugio a nominare lui stesso a questa carica due nobiles viri romani,  senza passare attraverso l’approvazione dei magistrati del Comune romano.
I Maestri diventeranno così lo strumento della politica urbanistica portata avanti e realizzata dai successori Nicolò V(1447-1455) e  Sisto IV (1471-1484),  impegnati anch'essi a ridisegnare la città

Nel tempo seguono vari Statuti con cui si definiscono meglio le loro competenze, fino ad arrivare allo Statuto del 1452, emanato durante il pontificato di Nicolò V,   in cui la nomina dei Maestri, che precedentemente aveva oscillato fra varie autorità comunali, passa invece da questo momento in poi al : …beneplacito de Nostro Signore et de chi fosse per la Sua Santità...
Inizia da quel momento un difficile rapporto con l’autorità pontificia...

LE CARTE D' ARCHIVIO E LA BIBLIOGRAFIA. Alcune testimonianze sulle competenze dei magistri sono nella  documentazione statutaria emanata nel secoli XIV- XV e in alcune bolle pontificie (vedi post precedente). Mentre per i secoli successivi ci si dovrà riferire a quanto conservato nel grande archivio della Presidenza delle strade,  presso l'ASR vai a [...]
Cfr.anche O.Verdi, Maestri di edifici e strade a Roma nel secolo XV, Roma nel Rinascimento, 1997.
Per Martino V vedi anche l'enciclopedia Treccani dei Papi alla pagina : http://www.treccani.it/enciclopedia/martino-v-papa/
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*Bolla = Il termine prende il nome dalla parola latina “bulla”, che significa sigillo, che s’imprimeva sulla ceralacca calda per sigillare i plichi, e stava ad indicare l’autenticità d’un documento pubblico.
**nell’arenga “parte dove viene espressa la motivazione in stile retorico del motivo del rilascio d el documento, per lo più con richiami al dovere pastorale del pontefice oppure ai meriti del destinatario” vedi sito http://asv.vatican.va/).
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[immagine n. 1 Anonimo, Veduta della Piazza del Campidoglio (metà del XVI sec.Musèe du Louvre, Parigi)
immagine n. 2 Martino V - ritratto del Pisanello, 15.. (galleria Colonna)
immagine n. 3 Hartmann Schedel, Pianta di Roma, 1493.
immagine n. 4 Pietro del Massaio,  Pianta di Roma , 1472.
immagine n. 5, medaglia raffigurante Martino V (1417-1431)]