3 novembre 2007

Acquedotti a Roma.Nascita della Presidenza degli acquedotti urbani


pozzo medioevale

L’Archivio di Stato di Roma conserva le carte prodotte dalla Presidenza degli acquedotti urbani cioè l'ufficio cui era affidata la gestione dei tre acquedotti romani (Vergine, Felice e Paolo), ripristinati a Roma a partire dalla fine del '500.
Ma come funzionava questa amministrazione? Consultando la normativa emanata per regolamentare il settore dei lavori pubblici nello Stato pontificio  possiamo trarne  importanti notizie.
Prima di questa Presidenza esistevano delle congregazioni  per ogni acquedotto. Queste erano organi di governo collegiale, cioè composti da più cardinali che si riunivano periodicamente per decidere circa i vari problemi. Nella riunione venivano poi convocate altre professionalità, cui magari demandare i lavori stabiliti.
All'inizio del secolo XVII questa tipologia di organismi decade e con loro finisce  la  funzione di coordinamento fra i vari poteri della città.
Per gestire le acque a Roma , cosìcome per altri settori, nasce all'inizio del '600 un  nuovo Ufficio statale, con un Presidente a capo.  La sua primissima funzione è di tipo pratico, e consiste nell’ intervenire per indicare il punto di attacco di una nuova fistola per la erogazione di acqua. 
Immediatamente dopo se ne aggiungono molte altre. Spetta  al Presidente il controllo dei condotti dei privati e la punizione dei relativi abusi riscontrati, la visita ai condotti per controllare se la quantità di acqua erogata corrisponde alla concessione data, l’imposizione del pagamento delle tasse stabilite, la programmazione dei lavori da farsi. Si firma soprintendente e appone il suo sigillo agli atti.
fistola
Insomma il suo potere aumenta!!  Fa pubblicare bandi ed editti, emana  patenti, impone pene (etc.) Il nuovo Presidente-soprintendente non ha una strada spianata davanti a sè, in quanto su tutte queste competenze aleggia il potente  camerlengo, fino ad allora capo induscusso di  tutte le branche amministrative dello Stato pontificio (vedi  articolo sui conflitti). 
A partire dalla fine del '500 questa Presidenza è suddivisa in tre uffici.
L’Ufficio notarile stipula e conserva quasi tutti gli atti attinenti alle materie collegate con la gestione degli acquedotti romani: passano nelle mani del notaio le concessioni di once d’acqua gratuite e non, le nomine dei magistrati delle acque e gli altri provvedimenti emanati direttamente dai magistrati di volta in volta competenti in questo settore.
La Segreteria del Presidente tratta invece tutte le questioni più generali relative all’amministrazione dei tre acquedotti.
Proprio in questa parte dell’archivio sono conservati i carteggi su aspetti tecnici scambiati con gli ingegneri e architetti del settore, con i contabili per questioni attinenti alle controversie fiscali, ma anche carteggi relativi a problemi di gestione del personale e infine istanze e reclami dei privati. (Purtroppo mancano i disegni che sicuramente accompagnavano le relazioni).
Infine la Computisteria - un odierno ufficio di contabilità – predispone  gli atti per il controllo contabile delle entrate e delle uscite di queste aziende, e delle tasse imposte di volta in volta agli utenti.
Due parole su come sono arrivati questi documenti all’Archivio di Stato di Roma. Subito dopo il 1870, anno della presa di Roma!! 

E forse il disordine iniziale di queste e altre carte prima dell’intervento dell’archivista ben rappresenta quel momento storico caratterizzato da eventi di enorme portata : la fine del potere temporale dei papi, la chiusura sbrigativa di alcuni importanti uffici, lo spostamento rapido di carte da un palazzo romano all’altro, la riorganizzazione amministrativa del nuovo stato.
Il riordino delle carte di questa importante amministrazione dello Stato pontificio si è concretizzato nell’inventario di questo archivio, cioè nello strumento tramite il quale l’archivista può garantire una migliore conservazione delle carte e contemporaneamente agevolare la consultabilità dei documenti.

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Mappa di Roma del 1575
 tratta da Civitates orbis terrarum, vol.II
Quindi nel secolo XVI iniziano i più importanti interventi tecnici per ripristinare alcuni degli acquedotti romani, per cui maggiore è la documentazione a nostra disposizione. Al contrario poco rimane per i secc. XIV-XV, in quanto le carte prodotte dai funzionari incaricati del controllo e conservazione di quello che rimaneva del patrimonio idrico di epoca romana risultano piuttosto scarse, e forse qualche traccia potrebbe essere individuata nei protocolli notarili, o nella documentazione giudiziaria (etc), ma ovviamente la ricerca in tale direzione si presenta lunga e dagli incerti risultati.
 Un aiuto viene però dall’esame dei documenti di carattere normativo (essenzialmente statuti) e dall'esame dei verbali della Congregatio super viis, pontibus et fontibus (Vedi articolo).

I documenti va sottolineato sono sempre collegati e prodotti nel corso di un'attività pratica, giuridica, amministrativa in quanto sono finalizzati allo scambio di informazioni necessario allo svolgimento dell'attività stessa. Il documento archivistico è quindi uno strumento di comunicazione volontariamente prodotto nell'ambito di un'attività da parte di un soggetto pubblico o privato .
Le istituzioni statali e comunali per svolgere il loro lavoro hanno dovuto necessariamente produrre documentazione collegata alla messa in opera degli acquedotti (verbali, capitolati d'appalto, conti, giustificazioni mandati di pagamento etc), e alla successiva gestione dell’acqua potabile per mantenerla e distribuirla agli utenti (Lettere patenti cioè documenti attestanti la concessione di once d'acqua, che avveniva gratis o a pagamento e poi riparti di tasse, relazioni degli ingegneri, rapporti delle maestranze, progetti di manutenzione e interventi di mantenimento, etc).
Per comprendere meglio quello che stava accadendo in questo periodo di particolare fervore per il settore dei lavori pubblici di acque e strade a Roma è opportuno recarsi all’ Archivio storico capitolino e allargare l’esame dei documenti a quanto prodotto e conservato in questo scorcio di Cinquecento dalle magistrature poste a capo del Comune romano.